Il “grand tour” di Müller a Firenze e i resoconti su musei, custodi e polizia (1821)

Il viaggio è conseguenza dei bisogni e delle consuetudini umane e ha sue proprie motivazioni e tipologie.
Escludendo il viaggio ‘obbligato’ intrapreso per lavoro, commercio o fuga, un originale esempio fu il sistematico “grand tour” – il ‘grande giro’ –, compiuto in passato da un numero limitato di persone abbienti con molto tempo libero determinate a seguire la loro curiosità e, come nobile motivo, l’ideale della conoscenza e dell’erudizione.
Si diffuse in Italia con una certa frequenza a partire dal XV secolo e ebbe un veloce incremento dal XVIII in poi grazie al nutrito gruppo di aristocratici e ricchi borghesi europei – che lo resero una moda da esibire nella propria cerchia –, e a una sua propria letteratura fatta di missive, resoconti, memorie ...
Fu l’antenato del turismo moderno che ne ricevette il nome; forse è anche parente, ma un po’ alla lontana, del turismo virtuale, poco rischioso, economico, fatto di fotografie e di spostamenti in rete.

In tempi sentimentali e molto romantici, tra gli intellettuali che compirono un “grand tour” in Italia, ebbero un posto di rilievo Wilhem Christian Müller (1752-1831), musicista tedesco e direttore della Scuola della cattedrale di Brema e la figlia Elisa.
Wilhem ne raccontò i particolari nelle “Lettere agli amici tedeschi ...” (Briefe an deutsche Freunde von einer Reise durch Italien, über Sachsen, Böhmen und Oestreich, voll. I-II), da lui stampate ad Altona di Amburgo nel 1824 a favore dei compatrioti curiosi sui luoghi e i costumi delle storiche nazioni meridionali.
Naturalmente dedicò un bel po’ di pagine e di lodi anche alla nostra Firenze – città mitica per eccellenza – dove dimorò due mesi nell’inverno 1821. Ne ricavò ampia soddisfazione grazie all’incontro con gli intellettuali stranieri dimoranti, alle opere d’arte e alla visita negli accoglienti musei, ritenuti allora meta immancabile di un “gran tour” di classe.

Così scrisse a un amico di Londra nel febbraio (I, p. 479):
“la posizione a anfiteatro è affascinante e le numerose istituzioni formative assicurano il soggiorno più alto per l'intrattenimento ed educativo, soprattutto per quanto riguarda le arti e la storia naturale.
In termini di liberalità con la quale a tutti è permesso vedere queste istituzioni e le loro collezioni, trovereste un netto contrasto con Londra. Tutte le gallerie e i musei sono aperti quotidianamente, gli addetti sono educati, amichevoli, rilassati e non vieni osservato con ansia. Né i sorveglianti, né i servitori si aspettano un regalo e, nemmeno, come a Londra, una ricompensa.
Gli abitanti sono buoni, più lavoratori, più ricchi, più onesti che nel resto d’Italia [...]. Da questo voi potete capire perché [il vostro amico] vi si sia stabilito e perché oltre 10.000 inglesi hanno soggiornato qui quest’inverno”.

Riguardo invece alla polizia, un argomento meno attraente delle opere d’arte, ma chissà perché in qualche modo ad esse avvicinato nelle lettere, Müller, da buon tedesco, ne riportò la sua impressione, considerandone il peso e l’arbitrio (20 gennaio, I, p. 420):
“La polizia è altrettanto umana e, a quanto ho sentito dire, non si è mai fatta odiare tramite le spie. Qui tutto sembra governarsi da solo. I piccoli disordini restano impuniti [i furti dei cosiddetti “ladri di polli” è un espressione italiana che forse il musicista di Brema non conosceva].
Non si sente parlare di atrocità come in altre città d’Italia. Non cammini sicuro solo in città, ma in tutto il territorio.
Non ho sentito dire nulla sui banditi, ma ho udito di atrocità in famiglie grandi e nobili, ad esempio, c’erano voci di un avvelenamento. In queste famiglie ci sono anche avventure amorose. Le donne (che qui si tengono libere dall’aver cicisbei), invece, hanno un modo di vita tedesco più libero. Il fatto che le figlie siano custodite più che in Germania è necessario a causa dello stile di vita italiano e degli stranieri che vengono qui con sentimenti libertini”.

A febbraio, sempre con il suo modo di scrivere sentimentale che andava da un’impressione all’altra, Müller aggiunse (I, p. 481):
“Qui c’è una polizia esemplare, e dappertutto pace e sicurezza nella massima libertà. Nelle parole e nelle azioni si possono ancora vedere resti dell’antico repubblicanesimo.
Il precedente granduca si erge come un idolo nella memoria recente [forse in città si ricordavano i tempi di Pietro Leopoldo di certo più prosperi degli anni successivi alla fine del dominio francese].
Quello attuale [Ferdinando III] gode del rispetto generale per la sua purezza morale, sobrietà, temperanza e la promozione di istituzioni utili e di vera liberalità.
Da nessuna parte c’è sfarzo e spreco della ricchezza del paese. Le tasse elevate opprimono il popolo. Raramente si vedono ovunque persone povere con facce felici.
Nel giardino privato del principe, con i suoi alberi sempreverdi e le siepi, tutti possono andare a passeggiare alcuni giorni. Ecco le dame più ornate tra i guidatori di asini e le campagnole allegre; e a Palazzo Pitti, nell’appartamento del principe, in certi giorni si può vedere non solo la ricca galleria, ma anche i quadri presenti nei salotti veri e propri.
Ci sono sempre servitori istruiti espressamente e destinati a guidare gli stranieri [il granduca capiva bene il valore del giudizio dei ricchi e degli intellettuali europei del “grand tour”].
Conoscono il minimo indispensabile delle opere d’arte senza compromettere il giudizio o le sensazioni dello spettatore. Se chiedi informazioni su qualcosa che non è nella loro sfera, non raccontano storie per darsi delle arie, ma rispondono: «Io non lo so». Nelle prime sale di questo palazzo ci sono statue antiche, ma pure nell’Accademia di Belle Arti e nella Galleria vera e propria si possono vedere non solo molti pezzi originali, ma anche calchi di capolavori greci provenienti da Roma, Napoli e Parigi.
Non ci si ferma qui. Solamente il capolavoro di Canova [la Venere Italica di Palazzo Pitti], rivale della Venere dei Medici [rubata dai francesi e poi restituita con la Restaurazione, oggi agli Uffizi], è notevole.
Da una sala da ballo si va a sinistra in una fila di stanze da soggiorno, d’affari e da notte con eleganti apparecchiature per la famiglia granducale e, a destra, nella stessa fila della galleria dei dipinti”.

Paola Ircani Menichini, 4 gennaio 2023.
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